Sapevate che una pianta erbacea può riqualificare un terreno? E che il tipico odore delle Brassicaceae riesce a scoraggiare i bruchi? Dopo una chiacchierata con Luciano Loschi, Presidente dell’Accademia Umbra delle Erbe Spontanee e dell’Accademia Italiana Piante Spontanee, nonché micologo e Presidente del Gruppo Micologico Naturalistico Folignate, diventiamo improvvisamente consapevoli di cosa calpestiamo e di quale tesoro la nostra terra custodisce.
LA CASA DEI SEMI DELLE SPONTANEE
Piante spontanee capaci di nutrire, di curare e – perché no – di appagare il nostro palato con «sapori antichi ma mai dimenticati» per dirla con il Presidente Loschi che, recentemente, ha aggiunto alle sue attività quella della fondazione di una Casa Comune dei Semi delle Spontanee. Accanto a questa dicitura spicca anche la parola circolare, a indicare lo spirito di scambio gratuito che caratterizza il progetto. L’utente porterà infatti i suoi semi in una bustina, indicandone la data di raccolta, le coordinate geografiche del luogo di raccolta, il nome scientifico della specie e il tipo di terreno. In cambio, riceverà una bustina di semi a sua scelta tra quelli disponibili nella Casa Comune.
In questo modo, l’Accademia Italiana Piante Spontanee creerà una banca dati utile a incrementare la biodiversità del territorio umbro e, al tempo stesso, agevolando un’agricoltura sostenibile. Molte di queste piante spontanee, infatti, permetteranno di riqualificare il territorio: si pensi per esempio alla semisconosciuta Inula viscosa, ottimo deterrente naturale per la varroa, o alla senape selvatica (Sinapis arvensis), conosciuta anche come rapastella gialla, che viene usata anche per il sovescio. Peraltro la senape selvatica è una brassicacea o crucifera e, come tutte le piante appartenenti a questa famiglia, immagazzina nei vacuoli i glicosinolati i quali, quando la pianta viene danneggiata, attivano un processo di idrolisi enzimatica (mediato dalle mirosinasi), che produce nitrili, indoli, tiocianati e isotiocianati. Quest’ultima è una sostanza solforata, che emana l’odore caratteristico della famiglia dei cavoli. In questo modo riesce a scoraggiare i bruchi e tutti quegli organismi che potrebbero attaccarla. La rughetta selvatica (Diplotaxis tenuifolia) dai quattro petali incrociati, la rughetta violetta (Diplotaxis erucoides) dalle violacee screziature sul fiore candido, e il rafano sono tutte Brassicaceae delle quali è stata dimostrata peraltro la capacità antitumorale dell’apparato digerente.
LA RISCOPERTA DELL’ALIMURGIA
Ma come fanno, queste erbe gratuite, democratiche e miracolose a essere tanto misconosciute? Secondo il Presidente Loschi, la conoscenza delle piante spontanee si è persa con l’avvento dell’industria agroalimentare, ma non tutto è perduto: «Prima dell’avvento dell’industria agroalimentare, le erbe venivano riconosciute come piante alimurgiche: fu il medico, botanico fiorentino Giovanni Targiotti Tozzetti a coniare il termine, fondendo le due parole che componevano il titolo del libro che pubblicò nel 1767, a seguito della carestia che aveva colpito Firenze nel 1764. Nel De alimentia urgentia, Targiotti Tozzetti indicava una serie di piante che potevano essere un aiuto prezioso durante le carestie, le guerre, la povertà e le disgrazie. Oggi, le chiameremmo superfood: alimenti che contengono principi attivi, sali minerali e vitamine essenziali per il benessere del nostro organismo.» conclude il Presidente Loschi.
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