La raccolta dei pinoli inizia a ottobre e continua per tutto l’inverno, fino ad aprile. In passato era piuttosto rischiosa, perché ci si arrampicava su alberi che, notoriamente, arrivano ad altezze notevoli. C’erano delle vere e proprie squadre, in cui si distinguevano scuotitori, coglitori, raccattini, caricatori e barrocciai.
Per non parlare di tutte quelle pratiche silvicole che per tanto tempo hanno caratterizzato la produzione nostrana. Oggi la coltivazione dei pini domestici si è persa, lasciando solo notevoli costi di manutenzione. La causa principale sembra essere il cosiddetto cimicione, il Leptoglossus occidentalis che fa abortire le pigne e o non le fa maturare affatto, causando una resa nettamente inferiore al ventennio passato e un conseguente innalzamento del costo per chilo. In realtà, a questo declino hanno contribuito anche il cambiamento climatico, specie quando si avvicendano lunghi periodi di siccità, l’acidificazione del suolo, l’impiego di monocolture, mancati diradamenti o errate potature. È un peccato, soprattutto se si pensa alla multifunzionalità di questi alberi, che peraltro hanno esigenze ecologiche modeste: oltre ai pinoli, infatti, vi si ricava cellulosa, biomassa da combustione e resina per l’industria edile. E dagli strobili esausti, insieme ai gusci dei pinoli, biomassa e materiale per la pacciamatura.