«Il melone con prosciutto, i fichi col medesimo, il formaggio con le pere, appartengono a quei grandi binomi internazionali, di fronte ai quali tutti c’inchiniamo, senza tentare d’indagarne il mistero. Perché il melone col prosciutto e non col manzo lesso? Perché il formaggio con le pere e non, putacaso, con le fragole? lo mi domando chi sarà stato l’inventore, ad esempio, dei fichi col prosciutto. Come gli sarà venuto in mente questo geniale accoppiamento. Chi sa quante prove avrà fatto prima di giungere alla combinazione che doveva avere tanta fortuna. Perché in apparenza non c’è alcun nesso tra i fichi e il prosciutto. Ma la loro unione, bisogna riconoscerlo, è delle più felici. L’inventore avrà fatto lunghi esperimenti. Avrà provato a combinare i fichi con le bistecche e, dopo avare assaggiato, avrà detto scoraggiato, scuotendo il capo: “non ci siamo ancora”. Più volte sarà stato tentato di mandare al diavolo le faticose ricerche, ma la buona compagna della sua vita l’avrà esortato a perseverare, ad avere fede nel successo. E lui, allora, animato da novella energia, avrà provato a combinare i fichi con gli spaghetti. Nuovo insuccesso, nuovo scoraggiamento. Oppure con i latticini. O il prosciutto con le susine, o con le banane, o con le mele. Avrà passato notti insonni, la famiglia avrà camminato in punta di piedi per non disturbarlo. Sarà stato d’umor nero per settimane. E finalmente, là!, la rivelazione: i fichi col prosciutto. Fu il trionfo. La fortuna assicurata».
Così Achille Campanile, ne Gli asparagi e l’immortalità dell’anima (Rizzoli, Milano, 1974) parla del felice abbinamento tra fichi e prosciutto, protagonista di molti antipasti estivi. Eppure sappiamo che l’abbinamento non era estraneo nemmeno ai Romani, che erano soliti consumare panis ac perna, panini al mosto e prosciutto cotto nell’acqua di fichi secchi.
Nel corso dei secoli, vediamo poi i fichi entrare in alcune preparazioni di emergenza, spesso succedanee di alimenti difficili da trovare: insieme a carrube, legumi, ghiande, orzo e cicoria, durante la Grande Guerra prendono il nome di ciofeca e vanno a sostituire l’introvabile caffè. Il caldo beverone non doveva avere un sapore proprio gradevole se è passato a indicare la bevanda di pessimo gusto per antonomasia.
Ciofeca o meno, i fichi sono squisiti e anche ricchi di proprietà: apportano benefici a pelle e vista, sono ricchi di potassio, minerali, calcio, magnesio e manganese; contengono enzimi che ci stimolano la produzione di succhi gastrici. In India la corteccia, grazie alla sua astringenza, viene usata per curare il mal di denti. Per la medicina popolare il lattice è utile a curare le verruche.